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22 Luglio 2015

Scissioni al test anti-elusione

di Davide Cagnoni e Alessandro Germani


La scissione permette di far fronte a diverse esigenze aziendali e di governance delle imprese: conferire autonomia giuridica ad una specifica attività aziendale, che diventerà il core business della scissa o della beneficiaria, facilitare la quotazione, garantire una diversa configurazione di bilancio utile ad elevare il merito creditizio, garantire una certa leva finanziaria, ottenere un frazionamento del rischio d’impresa, separare due compagini sociali.

Le modalità tecniche dell’operazione nonché la combinazione con altre operazioni straordinarie richiedono di prestare attenzione ai seguenti aspetti.

Partiamo da quelli potenzialmente elusivi.
Analogamente ad altre operazioni straordinarie anche la scissione rientra fra quelle elusive ex art. 37-bis DPR 600/73, ma con un grado di significatività molto più accentuato. Una particolare attenzione meritano infatti le scissioni non proporzionali. Inoltre, a corredo dell’operazione può verificarsi la successiva cessione delle partecipazioni della scissa o della beneficiaria (beni di secondo grado) che risulta fiscalmente agevolata rispetto alla cessione diretta dei beni di primo grado (immobili, aziende) che, viceversa, sarebbe tassata in maniera ordinaria. Al riguardo in passato è stato chiarito che non è elusiva la successiva cessione di partecipazioni non di controllo nella scissa (pareri comitato 40/06, 3/07, 5/07), al contrario lo sarà se riguarda partecipazioni di controllo (pareri 27/06, 28/06), a meno che non rientri in un passaggio generazionale (pareri 40/05, 17/06, 16/07). Parimenti è stata ritenuta elusiva la cessione delle partecipazioni nella beneficiaria (pareri 12/07, 24/06, 11/06, ris. 224/E/02, 256/E/09, 56/E/07).

È inoltre considerata elusiva (pareri 27/04 e 11/05) la scissione che prevede il trasferimento dei contratti di leasing dalla scissa alla beneficiaria costituendo un aggiramento dell’art. 88 c. 5 TUIR per il quale “in caso di cessione del contratto di locazione finanziaria il valore normale del bene costituisce sopravvenienza attiva”, a meno che non sia sorretta da valide ragioni economiche (pareri 5/07 e 23/07).

Altro tema delicato riguarda gli elementi patrimoniali da assegnare.
Nella scissione i beni oggetto di trasferimento non devono necessariamente configurare un ramo d’azienda, ma nel progetto deve figurare l’esatta descrizione degli elementi patrimoniali da assegnare alla beneficiaria. In questo senso agli amministratori è concessa ampia discrezionalità nella scelta degli elementi attivi e passivi da trasferire, con la sola condizione che il valore economico del patrimonio netto assegnato risulti positivo. È infatti ammessa anche la scissione negativa, che si realizza quando la somma algebrica dei valori delle attività e passività trasferite è negativa, purché il valore economico delle poste sia superiore a quello contabile per via di valori inespressi e la beneficiaria sia preesistente, così da compensare con il proprio equity l’apporto di patrimonio netto negativo della scissa (OIC 4 e massima del Triveneto L.E.1). In questa ipotesi la beneficiaria rileverà un disavanzo di scissione fiscalmente affrancabile ex art. 173 co. 15-bis TUIR (ris. 12/E/09).

Infine occorre valutare la ripartizione del costo fiscale in capo ai soci.
Per il principio di neutralità il cambio delle partecipazioni originarie non è imponibile in capo ai soci della scissa (art. 173 co. 3 TUIR). La ripartizione del costo fiscale della partecipazione fra scissa e beneficiaria deve avvenire, invece, sulla base del patrimonio netto effettivo, come chiarito dalla recente ris. 52/E/15 che, con un’interpretazione nettamente preferibile, ha superato il vecchio orientamento (circ. 98/00) basato sul valore netto contabile del patrimonio trasferito alle beneficiarie e rimasto alla scissa. Si consideri ad esempio il trasferimento alla beneficiaria di un immobile il cui valore corrente superi quello contabile: basandosi sul netto contabile il costo fiscale della scissa risulta sovrastimato mentre si sottostima quello della beneficiaria, invece il criterio del valore effettivo è in grado di rispecchiare la realtà. Caso analogo è quello della scissione negativa: applicando il criterio del patrimonio netto laddove si attribuisce un netto contabile negativo alla beneficiaria il relativo costo fiscale in capo al socio non sarebbe determinabile, adottando viceversa il valore effettivo ciò non solo è possibile ma si evitano addirittura effetti distorsivi.

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