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27 Maggio 2015

Interessi passivi e sostitutiva «lanciano» i minibond

di Davide Cagnoni e Alessandro Germani


In un sistema tipicamente orientato agli intermediari (bancocentrico) le imprese si finanziano prevalentemente con il capitale di credito. Il legislatore ha introdotto i minibond per favorire il passaggio a un sistema di mercato anche per gli strumenti di debito. Si tratta di obbligazioni emesse dalle Pmi (raccomandazione 2003/361/CE) a partire dal 2012 ma sviluppatesi solo di recente. Infatti, il valore delle emissioni di minibond nel 2014 ha superato gli investimenti nel private equity. In questo contesto la variabile fiscale gioca un ruolo determinante, sia in capo al sottoscrittore sia all’emittente. In passato il regime dell’imposta sostitutiva del decreto legislativo 239/96 era limitato ai titoli emessi dai grandi emittenti (banche, Spa quotate in Italia o in Stati white list). Attualmente, invece, l’articolo 32 del Dl 83/12 ha esteso tale regime anche alle società non quotate che abbiano emesso obbligazioni negoziate nei mercati regolamentati o in sistemi multilaterali. Il discrimen diviene la quotazione del titolo e il percettore del minibond subisce:

  • un’imposta sostitutiva con aliquota del 26% se nettista (persona fisica o ente non commerciale);
  • nessun prelievo alla fonte se lordista (società o ente commerciale) o residente estero in paesi white list.

L’articolo 21 del Dl 91/14 ha poi esteso l’esenzione da ritenuta:

  • ai titoli detenuti da investitori qualificati (articolo 100, decreto legislativo 58/98) per agevolare le operazioni di private placement assai diffuse nei mercati internazionali;
  • ai proventi percepiti da Oicr italiani o Ue purché il patrimonio sia investito per oltre il 50% in tali titoli e le relative quote siano detenute da investitori qualificati; ciò consente la disapplicazione della ritenuta anche per le società di cartolarizzazione che sottoscrivono i titoli.

In relazione alla deducibilità, per l’emittente il primo aspetto riguarda gli interessi passivi. In passato la deducibilità era assai limitata in quanto il rendimento effettivo delle obbligazioni andava commisurato al tasso ufficiale di riferimento (pari al doppio in presenza di obbligazioni quotate, aumentato solo di due terzi per le altre) in base alla legge 549/95. Qualora fosse risultato superiore, gli interessi eccedenti erano fiscalmente indeducibili. Questo svantaggio ora è venuto meno in quanto si applica il meccanismo del Rol (articolo 96 del Tuir) in presenza di due condizioni alternative. La prima è che i minibond siano negoziati in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di Stati white list. Tale requisito deve essere verificato al momento dell’emissione; in caso di delisting si continua comunque ad applicare il Rol (circolare 4/E/13) . La seconda, in caso di titoli non quotati, prevede la disapplicazione della legge 549/95 se i titoli sono detenuti da investitori qualificati con non più del 2% dell’emittente e il beneficiario effettivo è residente in Italia o in Stati che consentono lo scambio di informazioni. Il secondo aspetto riguarda i costi di emissione, che in base all’articolo 32, comma 13 del Dl 83/12 sono deducibili nell’esercizio di sostenimento, indipendentemente dal criterio di imputazione a bilancio. Il principio di deducibilità è quindi quello per cassa (circolare 4/E/13 ), ma nulla vieta di dedurre i costi per competenza in base alla loro imputazione civilistica (circolare 29/E/14 ).
L’ampliamento del regime dell’imposta sostitutiva propria dei grandi emittenti ai minibond, purché negoziati in mercati regolamentati, è un chiaro tentativo di impulso dello strumento utilizzando la leva fiscale a favore del sottoscrittore. Ne deriva la riduzione di adempimenti fiscali per emittente e sottoscrittore. Inoltre, la disapplicazione della ritenuta per i non residenti dovrebbe veicolare un maggior afflusso di capitali dall’estero. Per l’emittente vincolare la deducibilità degli interessi passivi al Rol anziché ai limiti previgenti significa non penalizzare le imprese, purché fisiologicamente indebitate. Il legislatore ha quindi inteso superare, con riferimento ai nuovi strumenti di debito, l’ anacronistica e penalizzante legge 549/95 che anche in chiave delega sembra ormai essere sul viale del tramonto.


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