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23 Giugno 2015

Nelle fusioni con Lbo il riporto è condizionato

di Angelo D'Ugo e Alessandro Germani


La fusione risponde a svariate esigenze in un’acquisizione o riorganizzazione aziendale e può essere attuata in modalità differenti: diretta quando la controllante incorpora la controllata, inversa nel caso contrario, per mantenere intatto un particolare status (la quotazione) o ottenere benefici amministrativi (evitare volture di licenze e autorizzazioni). Nell’ambito di un Lbo (articolo 2501-bis del Codice civile, fusione per acquisizione con indebitamento) poi, la fusione inversa serve a scaricare sulla target produttrice dei flussi di cassa il debito contratto dalla newco. Dietro ciascuna di queste operazioni si celano spesso criticità legali, contabili e fiscali. Il timing dell’operazione è, spesso, una variabile importante, che, tuttavia, va coniugato con il rispetto del termine di opposizione dei creditori fissato in 60 giorni (articolo 2503 del Codice civile) e ridotto a 30 in caso di fusione fra srl (articolo 2505-quater del Codice civile). La riduzione non è prevista nella fusione con Lbo.


Il termine per l’opposizione è, in ogni caso, soggetto alla sospensione feriale dal primo agosto al 15 settembre (Direttiva registro imprese di Milano del 27 novembre 2012). Nei casi di particolare urgenza esso può essere, di fatto, azzerato ricorrendo a un deposito cauzionale a favore dei creditori non pagati che non abbiano dato il consenso all’operazione. Per il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, la fusione diretta e inversa devono condurre a identici effetti economici (Oic 4): il complesso economico post-fusione avrà, quindi, in ambo i casi, lo stesso valore. Pertanto, anche nella fusione inversa, il disavanzo che non ha natura di perdita verrà imputato ai beni della controllata incorporante o ad avviamento (articolo 2504-bis comma 4 del Codice civile). Il principio è riconosciuto anche fiscalmente e comporta per l’incorporante la possibilità di affrancare mediante sostitutiva (articolo 172 comma 10-bis del Tuir) gli eventuali maggiori valori iscritti sui propri beni (risoluzione 111/E/09 ).

In generale, le fusioni vincolano (articolo 172 comma 7 del Tuir) il riporto delle perdite a un equity test (patrimonio netto delle partecipanti) e a un vitality test (ricavi e spese di lavoro dipendente della società che riporta le perdite) per evitare depotenziamenti ad hoc delle società effettuati prima della fusione. L’articolo 35 comma 17 del Dl 223/06 ha ulteriormente previsto, in caso di fusione retrodatata, l’applicazione dei test al risultato negativo della frazione di esercizio ante efficacia della fusione, per evitare un utilizzo strumentale delle perdite (circolare 28/E/06 ). Se si innesta anche un consolidato fiscale, le limitazioni al riporto delle perdite vengono meno in presenza di fusioni non interruttive della fiscal unit, restando valide per le sole perdite ante consolidato (articolo 118 comma 2 del Tuir). Infatti, se nel consolidato le società beneficiano sempre della compensazione intersoggettiva delle perdite, le limitazioni al riporto delle stesse in una fusione non interruttiva del consolidato non hanno motivo di esistere: la fusione non dà, infatti, alcun beneficio ulteriore rispetto a quanto già consentito dal consolidato (circolare 9/E/10 ).

La Finanziaria 2008 ha esteso le limitazioni proprie del riporto delle perdite nelle fusioni anche agli interessi passivi indeducibili oggetto di riporto ex articolo 96 del Tuir. In presenza sia di perdite pregresse sia di interessi indeducibili, la somma di entrambe le componenti va confrontata con il patrimonio netto delle società partecipanti alla fusione. L’incorporante è poi libera di scegliere se imputare l’eccedenza delle componenti agli interessi o alle perdite (circolare 19/E/09 ). Per l’amministrazione, tuttavia, le limitazioni al riporto degli interessi passivi restano valide (a differenza di quanto avviene per le perdite) nella fusione non interruttiva del consolidato. Ciò si spiegherebbe col fatto che nel consolidato si verifica una “spersonalizzazione” delle perdite, mentre l’attribuzione degli interessi alla fiscal unit costituisce una mera facoltà e non un automatismo (risoluzione 42/E/11 ).

La pronuncia lascia perplessi, non sembrando dirimente la spersonalizzazione per distinguere la sorte delle perdite da quella degli interessi. Peraltro il rimedio suggerito – l’interpello disapplicativo ex articolo 37-bis comma 8 del Tuir – appare costoso e ridondante. Esso è necessario nell’Lbo per consentire il riporto delle perdite e degli interessi della newco che non può soddisfare gli indici di vitalità, ma non deve diventare una regola generalizzata.

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