25 Febbraio 2015
Split payment, per i rimborsi la chance delle compensazioni
di Alessandro Germani
Il regime dello split payment, relativo alle operazioni Iva nei confronti degli enti pubblici, è stato introdotto con la legge di stabilità 2015 all’articolo 17-ter del Dpr 633/72. Esso risponde alla finalità di combattere il cosiddetto fenomeno del Vat gap, ovvero l’evasione dell’Iva, individuata anche dalla Commissione Europea, con particolare riferimento alle transazioni che intercorrono con la pubblica amministrazione. In attesa della deroga da parte del Consiglio dell’Unione Europea, che dovrà pervenire entro il 30 giugno 2015, lo split payment si applica alle operazioni fatturate a partire dal 1° gennaio 2015, per le quali l’esigibilità dell’imposta si verifichi successivamente alla stessa data. Qualora la deroga non dovesse essere accordata, è già previsto un incremento delle accise della benzina e del gasolio tale da garantire un maggior gettito per circa 1 miliardo di euro.
Il meccanismo prevede che l’Iva venga versata all’Erario direttamente dalla pubblica amministrazione committente o cessionaria, che effettua un duplice pagamento (scissione del pagamento):
- verso il fornitore per la componente imponibile
- verso l’Erario per l’Iva.
A causa del fisiologico credito Iva che i fornitori della pubblica amministrazione interessati da questa misura si troveranno ad accumulare, essi sono ammessi al rimborso in via prioritaria (articolo 38-bis comma 10 del Dpr 633/72) in base al presupposto dell’aliquota media. Ciò, in quanto previsto solo in relazione alle operazioni interessate dallo split payment, è in grado di ingenerare una evidente complessità per i soggetti non interessati solo da questa tipologia di operazioni.
Sotto il profilo soggettivo la misura si applica alle operazioni nei confronti delle pubbliche amministrazioni individuate con la stessa elencazione prevista per le operazioni a esigibilità differita previste dall’articolo 6 comma 5 del Dpr 633/72.
Sotto il profilo oggettivo la misura riguarda tutti gli acquisti effettuati dalle pubbliche amministrazioni, tanto quelli operati sotto la sfera commerciale quanto quelli in veste istituzionale; essa non si applica in due casi:
- quando le operazioni rientrano nel reverse charge sia interno sia esterno, a condizione che il committente/cessionario operi come soggetto passivo Iva (requisito soggettivo non richiesto invece per le operazioni assoggettate a split payment);
- quando le prestazioni di servizi sono assoggettate a ritenuta alla fonte a titolo di imposta sul reddito.
Chiarimenti e semplificazioni
La portata innovativa della misura ha comportato fin da subito la necessità di molteplici chiarimenti. In tal senso il comunicato del Mef del 9 gennaio 2015 ha scongiurato l’applicazione dello split payment alle operazioni fatturate nel corso del 2014, come confermato successivamente dall’articolo 9 del Dm 23 gennaio 2015.
Sotto il profilo soggettivo ci si è domandati fin da subito quali fossero i destinatari della disposizione. Infatti, pur trattandosi degli stessi destinatari dell’esigibilità differita, quella misura è concettualmente differente trattandosi di un’evidente agevolazione, come tale destinata a una platea circoscritta. In relazione a quel regime era stato chiarito che i destinatari dovessero rivestire natura pubblica o operare in regime di diritto pubblico (risoluzione del 28 maggio 2002 n. 159/E ), ma anche che dovessero agire come organi dello Stato (risoluzione del 30 luglio 2004 n. 99/E ). La circolare 1/E del 9 febbraio 2015 ha fornito una agevole chiave di soluzione del problema, avallando la possibilità di ricorrere all'indice delle pubbliche amministrazioni consultabile alla pagina http://indicepa.gov.it/documentale/ricerca.php al fine di individuare i soggetti pubblici destinatari della disciplina, fermo restando che in caso di dubbi il contribuente possa comunque fare ricorso allo strumento dell’interpello.
Di recente, poi, la circolare 6/E del 19 febbraio 2015 ha chiarito altri importanti aspetti:
- lo split payment non si applica in presenza di alcuni regimi speciali Iva (regime del margine, agenzie di viaggio, regime di franchigia delle piccole imprese);
- in caso di ricevimento di una fattura irregolare, il committente/cessionario è tenuto alla regolarizzazione della stessa ai sensi dell’articolo 6 comma 8 del Dlgs 471/97;
- la misura non si applica in caso di prestazioni assoggettate a ritenuta d’acconto, nonostante i dubbi ingenerati per via dell’infelice wording utilizzato dal legislatore.
Infine il Dm 20 febbraio 2015 ha semplificato le modalità di rimborso prevedendo in particolare che vi possano accedere anche i contribuenti ad inizio attività, non vi siano più i limiti minimi di 10.000 euro e 3.000 euro rispettivamente per i rimborsi annuali e trimestrali, né vi sia il limite di importo chiesto a rimborso non inferiore al 10% del totale dell’Iva detratta sugli acquisti.
Criticità
Nonostante chiarimenti e semplificazioni non possono essere taciute le criticità che accompagnano questa disposizione.
Infatti lo split payment genera sulle imprese fornitrici della pubblica amministrazione una fisiologica situazione di credito Iva. Sebbene esse siano state ammesse fra i destinatari dei rimborsi in via prioritaria, è diffusa la preoccupazione che i rimborsi si faranno attendere. Ciò determinerà la necessità di finanziare questi crediti, in un contesto in cui il ricorso al credito bancario non è così agevole e dovendosi sostenere, in ogni caso, i costi degli oneri finanziari.
Onde evitare che nell’erogazione dei rimborsi dei crediti Iva si ritorni indietro alla situazione di difficoltà che le imprese hanno vissuto negli anni 2011/2012, prima che l’agenzia delle Entrate diramasse le opportune direttive agli uffici ed elaborasse le nuove procedure di lavorazione delle pratiche, andrebbe innalzato il limite annuo delle compensazioni effettuate mediante F24, attualmente pari a soli 700 mila euro. Non si può fare a meno di segnalare, infatti, che è stato proprio l’innalzamento da 516.456,90 euro a 700 mila euro uno dei fattori che ha garantito, nello scorso anno, la regolarizzazione dei rimborsi: innalzare questa soglia ad almeno 1 milione di euro ridurrebbe i rischi di ritardo che lo split payment, ma anche l’estensione del reverse charge, oggi minacciano.
Complessivamente, le criticità del nuovo regime – attualmente introdotto soltanto in Italia fra i Paesi Ue – sembrano non giustificare le finalità antievasive per cui esso è stato introdotto.
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