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27 Febbraio 2024

Credito d’imposta a chi si quota anche nel 2024

di Alessandro Germani


In fase di conversione del Dl Milleproroghe è stato previsto che lo speciale credito d’imposta per le Pmi che si quotano in un listino europeo spetta anche per tutto il 2024. A tal fine è stato previsto uno stanziamento di 6 milioni per il 2025.

La norma interviene sul testo originario, cioè l’articolo 1 commi da 89 a 92 della legge di Bilancio 2018.

Si tratta di un credito d’imposta, nel massimo di 500mia euro, pari al 50% dei costi di quotazione, su mercati regolamentati o su Mtf (Multilateral trading facilities) europei, destinato alle pmi (le imprese con meno di 250 dipendenti, con fatturato annuo non oltre 50 milioni o con attivo di bilancio non oltre i 43 milioni). Esso non concorre al plafond di due milioni di euro annui per le compensazioni orizzontali né a quello di 250 mila euro per i crediti da quadro RU.

Il credito d’imposta va esposto nella dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta in cui il credito matura e nei successivi fino a quello in cui si conclude l’utilizzo. Non è tassato né ai fini Ires né Irap e può essere utilizzato in compensazione dal periodo d’imposta successivo a quello di quotazione.

Trattandosi di Pmi, la casistica più frequente sarà quella di quotazione presso l’Euronext Growth Milan (ex Aim Italia). Le schede di lettura di Camera e Senato chiariscono che la ratio della norma agevolativa è favorire le imprese che si finanziano con canali alternativi al debito bancario, nella logica di traghettare il sistema finanziario italiano verso un modello di mercato anziché di sistema orientato agli intermediari.

Considerato che lo stanziamento a valere sul 2025 è di 6 milioni e che il massimo costo agevolabile (nell’ordine comunque del 50% dei costi sostenuti) è di 500mila euro, questo significa che, se tutte le quotazioni dovessero colmare il plafond previsto unitariamente, vi sarebbe spazio nel 2024 per agevolare i costi (massimi) di 12 quotazioni.

Poiché la norma non è stata mai modificata nell’impianto originario ma sempre solo prorogata e rifinanziata (in origine doveva scadere a fine 2020), si ritiene valgano le indicazioni date col Dm del Mise del 23 aprile del 2018. Esso, all’articolo 4 elenca le attività da cui scaturiscono costi di consulenza che danno diritto al credito d’imposta. Sono, evidentemente, costi afferenti al processo di quotazione e non relativi all’attività ordinaria dell’impresa. Vediamo dunque le casistiche che la norma individua come agevolabili.

Sono tali ad esempio quei costi di gestione necessari al processo di quotazione, oltre alla redazione del piano industriale. Inoltre quelli miranti ad attestare l’idoneità alla ammissione e alla successiva permanenza sul mercato. Poi vi sono i costi di collocamento delle azioni. Quindi i costi per la revisione delle informazioni storiche e prospettiche, compresa la due diligence finanziaria. Vi sono poi i costi per assistenza all’emittente nella redazione del documento di ammissione o del prospetto, nonché quelli della ricerca sul titolo (attività di cui si occupa anche il recente Ddl Capitali). Infine, i costi legali, fiscali e di contrattualistica inerenti alla quotazione nonché quelli di comunicazione (interviste, comunicati, presentazioni alla comunità finanziaria).

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