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10 Aprile 2015

Sui dividendi distribuiti spazio all’attività effettiva

di Davide Cagnoni e Alessandro Germani


A partire dalla riforma Ires i dividendi distribuiti da società collocate in Paesi black list scontano una tassazione integrale in virtù della presunta parziale o totale detassazione nel Paese di origine, non applicandosi la cosiddetta dividend exemption finalizzata a evitare la doppia imposizione economica. Con la delega fiscale il legislatore ha l’opportunità di semplificare la disciplina e renderla atta a contrastare unicamente i comportamenti artificiosi.


La norma ha subìto un’evoluzione a dir poco travagliata. A decorrere dal 2004 gli articoli 47, comma 4 e 89, comma 3 del Tuir prevedevano l’imponibilità integrale – per soggetti Irpef e Ires – dei dividendi da società residenti in paesi black list. L’intento delle norme, peraltro disallineate in quanto l’una riferita agli utili «provenienti» e l’altra a quelli «distribuiti», era chiaro: evitare, ad esempio, che l’inserimento di una subholding olandese (conduit company) tra la figlia collocata nelle isole Cayman e la mamma italiana comportasse la detassazione dei dividendi black list. Il correttivo Ires nel 2005 sostituì in entrambe il termine «provenienti» con «corrisposti», consentendo così che la collocazione di una conduit in un paese a fiscalità ordinaria non comportasse l’integrale tassazione dei dividendi black list. Da ultimo, il Dl 223/06 ha reintrodotto, in chiave antielusiva, il termine «provenienti». Così si ottiene l’integrale tassazione dei dividendi black list anche in caso di interposizione di conduit companies in Stati a fiscalità ordinaria.

La tassazione integrale è esclusa se i dividendi siano già stati imputati al socio per trasparenza (articoli 167, comma 1 e 168 del Tuir) ovvero sia stata data dimostrazione mediante interpello (articolo 167, comma 5, lettera b) che dalle partecipazioni non è stato conseguito l’effetto di localizzare i redditi in paesi black list. La disposizione ha una funzione di chiusura del sistema evitando triangolazioni sui dividendi da paradisi mediante strutture societarie a fiscalità ordinaria meramente interposte (circolare 28/E/06). I dividendi sono tassati interamente solo per la parte eccedente il reddito già tassato per trasparenza ex articolo 167 del Tuir (circolare34/E/06).

In base alla sentenza Cadbury-Schweppes (causa C 196-04) le norme antiabuso nazionali sono legittime quando hanno «lo scopo di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili». Ci si domanda se in presenza di una conduit residente in un Paese Ue la disciplina nazionale sia legittima sotto il profilo comunitario. Per l’amministrazione ciò sarebbe garantito dall’indagine condotta caso per caso, volta a dimostrare che la costruzione societaria non è finalizzata a evitare una congrua tassazione dei redditi (circ. 51/E/10). Il dubbio resta perché l’interpello ha il solo scopo di dimostrare che il reddito è stato nel complesso assoggettato a congrua tassazione all’estero, prescindendo dalle genuine ragioni della localizzazione. Ciò dipende dall’attuale formulazione normativa, che consente la detassazione dei dividendi black list ricorrendo alla sola seconda esimente delle Cfc e non anche alla prima, più agevole giacché consistente nello svolgimento di un’attività commerciale effettiva.

Se è chiara la finalità antielusiva della norma, non lo è l’applicazione. Infatti, in presenza di gruppi transnazionali le cui strutture societarie sono dettate da reali motivazioni economiche, con subholding che non sono mere conduit companies ma svolgono un’attività effettiva, diviene complesso individuare la componente dei dividendi black list da assoggettare a tassazione integrale. In giurisprudenza, è stata apprezzata la localizzazione che, figlia di esigenze strategiche e commerciali, non consente di beneficiare di un prelievo inferiore di oltre la metà di quello nazionale (Ctp Roma 9.7.13, n. 398). Sarebbe pertanto auspicabile ampliare la detassazione dei dividendi black list anche in presenza della prima esimente (svolgimento di attività con radicamento), a fronte di un insediamento estero genuino. In ogni caso, per evitare oneri sproporzionati, la dividend exemption andrebbe sempre consentita per le partecipazioni minoritarie, dove l’intento elusivo è da escludersi.

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