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03 Aprile 2025

Il patrimonio con l’avviamento aumenta il riporto delle perdite

di Alessandro Germani


L’articolo 15 del Dlgs 192/24 sulla base dei principi della legge delega ha rivisto il regime del riporto perdite e operazioni straordinarie, modificando gli articoli 84, 172 e 173 del Tuir. Il primo riguarda le acquisizioni societarie quando si modifica l’attività principale, gli altri due sono i regimi delle fusioni e scissioni con utilizzo delle perdite fiscali (e delle altre posizioni soggettive quali gli interessi passivi e le eccedenze Ace). Concentriamoci sulle operazioni straordinarie che seguono le acquisizioni societarie per evidenziare cosa cambia nel riporto perdite.

Limite patrimoniale

Viene modificato il comma 7 dell’articolo 172 del Tuir in quanto in limite patrimoniale subisce un’estensione in quanto le perdite (e le altre posizioni) potranno essere parametrate non più al solo patrimonio netto contabile, ma anche a quello economico, che è tipicamente più elevato ricomprendendo elementi quali l’avviamento. Così rispetto ad un valore contabile di 100 di patrimonio netto, potrà emergere un valore corrente di 200, determinandosi con ciò un maggiore assorbimento delle perdite. Questa impostazione non stupisce in quanto nelle risposte dell’Agenzia delle Entrate da anni si faceva riferimento – per consentire il riporto perdite – al confronto fra le perdite stesse e il valore effettivo del patrimonio. Chiaramente si tratta di un’opzione, per cui se non c’è bisogno di attivarla in quanto il patrimonio netto contabile già dà spazio all’assorbimento, ben si potrà continuare ad utilizzare quello. Anche perché l’opzione del patrimonio netto effettivo richiede di ricorrere ad una relazione giurata di stima redatta da un soggetto designato dalla società (revisore legale) che risponde di quanto andrà ad attestare (articolo 64 del Codice di procedura civile). In presenza di versamenti e conferimenti degli ultimi 24 mesi che si vanno a decurtare al patrimonio netto, riducendo così il potenziale assorbimento delle perdite, viene previsto che tali deduzioni siano moltiplicate in base al rapporto fra patrimonio netto corrente e patrimonio netto contabile. La relazione illustrativa al Dlgs motiva ciò con esigenze di coerenza col nuovo sistema. Come dire che l’opzione amplificatoria del patrimonio netto corrente agisce sia in positivo che in negativo.

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L’altro limite, che è quello della vitalità basata sui dati di conto economico (ricavi e spese di lavoro dipendente), resta immutato. Così si guarda ai dati dell’esercizio precedente affinché ricavi e costi superino del 40% la media degli ultimi due esercizi anteriori. Ciò deve valere anche per il periodo che va dall’inizio dell’esercizio alla data antecedente a quella di efficacia della fusione, che peraltro va ragguagliato ad anno. Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali si assumono le componenti di conto economico corrispondenti. Viene introdotto il comma 7-bis che prevede che i limiti sussistano anche nel caso di retrodatazione della fusione, superando così la visione della dottrina (Aidc n. 176 del 2009).

Queste regole valgono anche per interessi passivi indeducibili ed eccedenze Ace. Inoltre si applicano anche alle scissioni.

Perdite infragruppo

L’altra grossa novità consiste nella libera possibilità di riporto delle perdite infragruppo (articolo 177-ter del Tuir), ma si rende necessario declinare la nozione di gruppo stesso. Il riferimento è quello del controllo interno di diritto ex articolo 2359 del Codice civile che pare una nozione più ampia e corretta rispetto all’appartenenza al consolidato fiscale. Secondo la norma i limiti non si applicano per le perdite conseguite in periodi di imposta nei quali le società interessate erano già appartenenti allo stesso gruppo (le cosiddette perdite infragruppo) nonché per le perdite conseguite antecedentemente per le quali abbiano trovato applicazione, all’atto dell’ingresso nel gruppo della società a cui si riferiscono, o successivamente, i limiti al riporto delle perdite e le condizioni di utilizzo previsti dai citati articoli (le cosiddette perdite omologate). Questo significa che se tre società fanno parte di un gruppo al tempo «t» e successivamente una consegue delle perdite, la successiva fusione non soggiace ad alcun limite di riporto perdite, che sono infragruppo. Lo stesso dicasi se le perdite sono state “omologate” all’atto dell’ingresso nel gruppo o di effettuazione dell’operazione straordinaria, cioè verificate coi limiti citati. La complessità della materia, segnalata dal parere della commissione Finanze della Camera, demanda a un decreto del ministero dell’Economia le condizioni attuative (si veda il box).

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