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11 Giugno 2025

Partecipazioni, non deducibili i costi accessori capitalizzati

di Alessandro Germani e Franco Roscini Vitali


La modifica al principio contabile Oic 21, contenuta negli emendamenti 2025 in consultazione sino a fine luglio (si veda l’articolo su «Il Sole 24 Ore» del 6 giugno 2025), riverbera i propri effetti anche dal punto di vista fiscale.

L’intervento, che riguarda il paragrafo 6, precisa che la capitalizzazione degli oneri accessori all’acquisto di una partecipazione non è opzionale: si tratta dei costi direttamente imputabili all’operazione, quali ad esempio quelli di intermediazione bancaria e finanziaria, le commissioni, le spese e imposte, i costi corrisposti a professionisti per la predisposizione di contratti e di studi di convenienza all’acquisto. Si tratta in estrema sintesi di tutti quei costi legati all’operazione quali quelli di due diligence, di strutturazione dell’operazione, delle perizie e quant’altro.

Con la modifica, il paragrafo risulta ora allineato con il precedente paragrafo 5 il quale precisa che il costo di acquisto o di costituzione di una partecipazione è dato dal prezzo pagato, al quale sono aggiunti i costi accessori direttamente imputabili all’operazione.

In effetti la parola «possono», contenuta nell’attuale formulazione del paragrafo 6, esprime non una «possibilità» in senso arbitrario, bensì una possibilità in senso tecnico. D’altra parte, è il Codice civile stesso che a volte utilizza le parole «può» o «possono» in senso tecnico. Ad esempio, l’articolo 2426 relativo ai criteri di valutazione ai numeri 1 e 11 relativi, rispettivamente, alla valutazione delle immobilizzazioni che «può» comprendere anche altri costi e alla valutazione dei lavori in corso su ordinazione che «possono» essere iscritti in base ai corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza.

Laddove l’emendamento ora prevede che i costi accessori vadano capitalizzati nel limite del valore recuperabile della partecipazione sostanzialmente indica che la strada non è quella di spesarli a conto economico ma di capitalizzarli, chiaramente se questo non comporta un tema di recuperabilità della partecipazione e in ultima analisi di impairment test.

Chiarito l’aspetto contabile, è evidente che una modifica del genere ha una rilevanza in chiave fiscale piuttosto netta. Infatti, nel meccanismo attuale in cui è lasciata al redattore del bilancio la facoltà di valutare se i costi in questione abbiano un’utilità pluriennale, quindi possano essere capitalizzati a incremento del costo della partecipazione, oppure non la abbiano dovendo essere spesati a conto economico, anche il riflesso fiscale è chiaro. Nel primo caso l’onere incrementa il costo della partecipazione e quindi condiziona l’individuazione della plusvalenza in fase di vendita come differenza fra il prezzo e il valore di iscrizione. In situazioni in cui, ricorrendo le condizioni dell’articolo 87 del Tuir, ci sono i requisiti per la participation exemption, ciò determina una minore plusvalenza (per via del maggior costo della partecipazione) che è in ogni caso tassata solo al 5 per cento. Viceversa, se i costi vengono spesati, essi sono integralmente dedotti mentre la plusvalenza tiene conto solo del costo di iscrizione originario senza ulteriore capitalizzazione dei costi (si veda l’esempio in pagina).

D’altronde se sotto un profilo contabile la strada diviene quella di capitalizzare il costo (ove consentito e quindi a meno di problematiche di impairment test), il comportamento fiscale non può che seguire quello contabile, secondo una derivazione che potremmo definire sostanzialmente naturale e semplice. Peraltro questa impostazione è già presente nella prassi dell’Agenzia. Con la risposta 166/22 (si veda l’articolo su «Il Sole 24 Ore» del 13 aprile 2022) le Entrate avevano chiarito che il bilancio guida sia nel mondo Oic sia nel mondo Ias/Ifrs. Tale principio, per cui il bilancio è preminente e l’eventuale scelta contabile (che nei casi analizzati era quella di capitalizzazione dei costi) non è emendabile, era stato poi ribadito anche nelle successive risposte 235 e 277 del 2023 (si veda l’articolo su «Il Sole 24 Ore» del 5 aprile 2023). Questo principio dovrebbe quindi applicarsi anche in futuro se l’emendamento verrà confermato. Perché a quel punto in presenza di una corretta capitalizzazione dei costi accessori, la deduzione fiscale degli stessi non sarà più ammissibile.

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