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21 Agosto 2023

L’analisi dei fattori di rischio evita contestazioni e sanzioni

di Davide Cagnoni e Angelo D'Ugo


Sotto la lente di Entrate e Gdf le agevolazioni che difettano in origine dei presupposti

Nel determinare i bonus per le attività di R&S occorre tener presente che – qualora il credito dovesse essere contestato – l’Agenzia potrebbe formulare un rilievo con cui ne verrebbe rilevata la non spettanza o, più probabilmente, l’inesistenza. In base ai chiarimenti delle Entrate (circolare 31/E/2020), qualora a seguito dei controlli «sia accertato che le attività/spese sostenute non siano ammissibili al credito d’imposta ricerca e sviluppo si configura un’ipotesi di utilizzo di un credito “inesistente” per carenza totale o parziale del presupposto costitutivo». In tali ipotesi, dunque, verrebbe irrogata la sanzione dal 100% al 200% (articolo 13, comma 5, del Dlgs 471/97).Con la non spettanza del credito la sanzione applicata risulterebbe pari al 30% del credito utilizzato (comma 4).

La valutazione dei crediti

L’esperienza delle recenti verifiche condotte dimostra come vengano considerati inesistenti i crediti d’imposta rispetto ai quali difettino, in origine, i presupposti per l’agevolazione; oppure quelli che, in base a successive valutazioni tecniche del Mise o dell’agenzia delle Entrate, non risultino agevolabili (circolare 31/E/2020). In particolare, le attività di controllo si basano sul riscontro (circolare 4/E/2021 e circolare Gdf 0210419/21 del 28 luglio 2021) di alcuni fattori di rischio quali, ad esempio:

  • la costruzione, anche da parte di società esterne, di documentazione solo formalmente corretta al fine di dimostrare la spettanza del credito;
  • l’esistenza di posizioni incoerenti rispetto ai presupposti oggettivi e soggettivi della misura agevolativa;
  • la rappresentazione di attività di ricerca e sviluppo interna all’azienda difficilmente compatibile con l’attività economica dichiarata e con la struttura organizzativa dell’impresa;
  • l’assenza di costi per l’attività di ricerca e sviluppo interna negli anni precedenti all’istituzione del bonus;
  • la mancata indicazione nei bilanci dell’attività di R&S o l’omesso deposito dei bilanci d’esercizio;
  • l’elevata incidenza delle spese per attività di R&S rispetto al costo del lavoro.

La possibilità per il Fisco di procedere ai controlli ha un orizzonte ampio. Oltre agli ordinari termini di accertamento va ricordato che, in presenza di crediti “inesistenti”, l’attività accertativa può essere condotta entro il maggior termine del 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo del credito stesso; e le somme contestate possono essere iscritte nei ruoli straordinari (articolo 15-bis del Dpr 602/73), con integrale riscossione anche in presenza di ricorso in caso di mancato pagamento. Non è ammessa, inoltre, la definizione agevolata della sanzione ex articoli 16 e 17 del Dgs 472/97.

Ricordiamo, peraltro, che la delega fiscale (legge 111/2023) prevede che sia introdotta «in conformità agli orientamenti giurisprudenziali, una più rigorosa distinzione normativa anche sanzionatoria tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti».

Le sanzioni penali

Non va dimenticato, infine, il rischio di contestazioni di carattere penale. In presenza di compensazioni di importo superiore a 50mila euro per anno solare, infatti, in caso di eventuale controllo, la condotta potrebbe essere punita con la reclusione:

  • da sei mesi a due anni, qualora la fattispecie venga inquadrata come compensazione di crediti non spettanti (articolo 10-quater, comma 1, Dlgs 74/2000);
  • da un anno e sei mesi fino a sei anni, in caso di compensazione di crediti inesistenti ( comma 2).

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